Titolo: Io e Annie
Titolo originale: Annie Hall
Regista: Woody Allen (Allan S. Konigsberg)
Principali attori: W. Allen, D. Keaton, C. Walken, S. Duvall
Anno: 1977
Paese: USA
Primo film veramente importante di Woody Allen, Io e Annie contiene in nuce una buona dose delle idee che il regista di Brooklyn svilupperà nei successivi decenni. E’ la svolta: dopo i suoi primi lavori di chiara impronta comica, tra i quali il migliore è probabilmente Prendi i soldi e scappa, con Io e Annie Allen si avventura sui sentieri di una commedia completamente nuova rispetto a quella classica.
La commedia, già. Coraggioso imboccarne la via alla metà degli anni settanta, laddove per una bella fetta della “meglio gioventù” del tempo questa – più o meno come il romanzo nell’ambito della lettura – equivaleva a inutile e volgare divertissement (rispetto all’impegno al cambiamento e ai libri “seri”), se non addirittura a uno scivolamento nel disimpegno “borghese” (forse un novello oppio dei popoli?).
E qui, bisogna dirlo, interviene la genialata di Allen: fare una commedia che piaccia proprio a costoro, i cappelluti protagonisti ed eredi del sessantotto, i figli di papà di pasoliniana memoria tutti erba, terzomondismo e psicanalisi. Come fare? Semplice, parlando di loro.
Io e Annie è un film doppiamente originale. Lo è per i contenuti (a partire dalla costruzione del personaggio del Woody Allen ipocondriaco, maniaco dei complotti, fedele al lettino dello psicanalista e a una verve nera vagamente à la Groucho Marx), ma lo è non di meno per la realizzazione tecnica.
Quest’ultima è di estremo interesse soprattutto sul piano del montaggio, che è rapido, a tratti concitato e financo schizofrenico: il perfetto specchio del protagonista. Mai come in questo caso, inoltre, Allen veste i panni dello sperimentatore. Per esempio nell’utilizzo di una sequenza di animazione (qui a destra), oppure nell’affiancamento di due modelli di famiglia a cena (in basso), quella WASP, sciattina e conformista di Annie (Diane Keaton) e quella ebraica e caotica di Alvy (Allen). La padronanza della regia, invece, non è ancora solida come in molte opere successive (a partire da Manhattan, 1979).
Un’ultima nota. Allen da sempre dimostra grande interesse per un genere negletto del cinema come il documentario (si pensi a Zelig, certamente tra i suoi film migliori). Io e Annie non è un documentario, ma ha un’anima profondamente documentaristica (di cui la prima scena è una dichiarazione di intenti). Nel corso del film, inoltre, Allen cita esplicitamente e a più risprese una delle sue fonti di ispirazione, che, insieme a Shoah (Lanzmann, 1985), non esito nemmeno un secondo a definire il documentario più bello della storia del cinema, oltre che uno dei documenti di umanità più eccezionali, diciamo così, degli ultimi cinquecentomila anni (uno più uno meno): è Le chagrin et la pitié – Il dolore e la pietà, diretto da Marcel Ophuls e uscito in sala nel 1971.
1) Interesse dell’argomento trattato: soggetto 7
2) Originalità 9
3) Profondità d’analisi della storia narrata e chiarezza 7
4) Sceneggiatura 8
5) Ritmo, equilibrio costruttivo, iteratività 8
6) Montaggio e regia 8
7) Fotografia 6
8) Colonna sonora e effetti 7
9) Attori: interpretazione 6
10) Grado di apprezzamento collettivo 7
11) Forza di coinvolgimento 7
12) Capacità di suscitare emozioni e/o riflessioni 7
La pagina di Io e Annie su IMDb è disponibile al link http://www.imdb.com/title/tt0075686/