Vite vendute (Le salaire de la peur)

Titolo: Vite vendute

Titolo originale: Le salaire de la peur

Regista: Henri-Georges Clouzot

Principali attori: Y. Montand, C. Vanel, F. Lulli, V. Clouzot

Anno: 1953

Paese: Francia

Vite vendute (Le salaire de la peur)

Vite vendute (Le salaire de la peur)

Suspense e tensione senza pari. Già il titolo originale, Le salaire de la peur (alla lettera “il salario della paura”, molto meglio dello scipido Vite vendute), promette brividi. E le promesse sono tutte mantenute.

I primi due quinti del film (quasi un’ora) sono una lunga introduzione, forse persino eccessiva per ampiezza ma ben costruita e funzionale alla vicenda del film. Siamo in una miserrima e isolatissima cittadina (ma “baraccopoli” rende meglio l’idea) da qualche parte tra il Guatemala e la Colombia, piccolo centro di disperati di ogni provenienza (tanto che la versione originale del film è un coacervo di lingue, tra cui si ritaglia un posticino anche l’italiano). La città deve la sua esistenza alla vicinanza dei pozzi di petrolio sfruttati dalla potente compagnia statunitense SOC (Southern Oil Company, nel film, ma è ovvio il riferimento alla Standard Oil Corporation, poi SO, cioè – dalla pronuncia inglese della sigla – Esso), e il sogno di pressoché tutti è di guadagnare a sufficienza per salire sul primo sgangherato velivolo e togliere il disturbo.

Vite vendute (Le salaire de la peur)

Vite vendute (Le salaire de la peur)

Un incidente causa l’incendio di un pozzo situato a qualche decina di chilometri: si cercano quattro volontari (e si promette loro abbastanza per lasciare la desolazione in cui vivono e incominciare altrove una nuova vita, cioè quello cui tutti aspirano) che trasportino due camion carichi di nitroglicerina fino al pozzo, in modo da poter spegnere un incendio che – parole dell’arrogante delegato locale della SOC – ad ogni minuto brucia un sacco di bei dollaroni.

Il cuore del film è un viaggio, un viaggio che per oltre un’ora non ci lascia un attimo di respiro. Tanta è la tensione, e vorrei ben vedere chiunque andare in giro con mezzi di fortuna per le strade non esattamente impeccabili della mesoamerica, sapendo che un dosso o una buca possono bastare e avanzare a farti volare in un batter di ciglia all’altro mondo.

Vite vendute (Le salaire de la peur)

Vite vendute (Le salaire de la peur)

Quando i nostri fanno esplodere il masso che, caduto in mezzo alla pista, impedisce loro di proseguire, si raggiunge forse la massima tensione (e quell’ultima pietra che rotola verso la tanica abbandonata di nitroglicerina…). Quello dei quattro che crolla è Jo (Vanel), ma a ben vedere ha ragione lui: sono pagati per avere paura.

I due camion avanzano per il paesaggio roccioso e brullo (e molto suggestivo: a fare da sfondo sono i bei paesaggi aspri della Camargue) con noi che tremiamo al pensiero che da un istante all’altro possano saltare per aria. Poi, in uno dei pochi momenti in cui non ce lo aspettiamo, quando iniziamo a pensare che ce la potrebbero anche fare, ecco uno spostamento d’aria, poi un lampo, in lontananza. Ma il viaggio, e la paura, non sono ancora finiti; non per tutti, almeno. Ci sarà ancora tempo per assistere al ripudio dell’umanità da parte di chi nulla ha da perdere, e perciò si gioca tutto, a partire dalla pelle altrui.

Vite vendute (Le salaire de la peur)

Vite vendute (Le salaire de la peur)

Il finale chiude il cerchio e ribadisce il messaggio. Non si può dire che l’epilogo sia proprio inaspettato, però ci lascia il tempo di ammirare la bella sequenza del Danubio blu, con il montaggio che alterna il ballo nella posada del villaggio e il ritorno di Mario (Montand), fino al compiersi della tragedia finale.

Certamente uno dei film di azione più belli di sempre. Forse il.

Vite vendute (Le salaire de la peur)

Vite vendute (Le salaire de la peur)

Un’ultima osservazione un po’ polemica. Ma i francesi lo faranno mai un (bel) film sulle proprie malefatte coloniali? Come noto, gli statunitensi hanno una lunga tradizione di cinema capace di discutere le scelte politiche, non sempre cristalline, del proprio paese (basti pensare ai grandi film sulla guerra in Vietnam, a quelli di Kubrick, ma anche a opere più moderne di assai più basso profilo artistico come i film di M. Moore, ai lavori di O. Stone ecc.). Come altrettanto noto, i francesi hanno qualche problemino a discutere criticamente quello che il proprio, di paese, combina (grandeur? gollismo antropologico? mera, stupida, supponenza? Forse un pizzico di tutti e tre, e l’aggiunta supplementare di una bella manciata di spirito nazionalista più che vagamente vandeano e antidreyfusardo). E dire che il materiale non mancherebbe. Manco per sogno, loro preferiscono (s)parlare degli yankees, da Buffalo Bill al big stick alla Coca-Cola (questo non significa che non ci siano scelte politiche a stelle e strisce che non siano discutibili, obviously, e poi a me la Coca-Cola non piace). Però non sia mai che a un prode discendente di Asterix venga il ghiribizzo di fare un film, chessoio, sulla guerra d’Algeria o sui suoi sanguinosi e ignoratissimi strascichi: ci doveva pensare Pontecorvo con quel capolavoro di arte ed equilibrio che è La battaglia di Algeri (la cui proiezione, guardaunpo’checaso, fu vietata in Francia per parecchi anni!). Insomma, paladini di libertà e giustizia, ma solo allorché questa sia messa in pericolo dal vecchio Uncle Sam. Scusate tanto, ma da appassionato di cultura francese mi aspetto di più.

 
1)       Interesse dell’argomento trattato: soggetto 8
2)       Originalità 8
3)       Profondità d’analisi della storia narrata e chiarezza 9
4)       Sceneggiatura 9
5)       Ritmo, equilibrio costruttivo, iteratività 8
6)       Montaggio e regia 9
7)       Fotografia 7
8)       Colonna sonora e effetti 7
9)       Attori: interpretazione 7
10)   Grado di apprezzamento collettivo 8
11)   Forza di coinvolgimento 8
12)   Capacità di suscitare emozioni e/o riflessioni 9
 

La pagina di Vite vendute su IMDb è disponibile al link http://www.imdb.com/title/tt0046268/

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